Ancora un intervento (l’ultimo?) sul tema del Made in Italy e dell’utilizzo dei marchi aziendali.
Ancora un intervento (l’ultimo?) sul tema del Made in Italy e dell’utilizzo dei marchi aziendali.
La norma ferragostana in tema di utilizzo del marchio aziendale, che aveva creato così tanti problemi applicativi, l’articolo 17 della Legge n. 99/2009, è stata eliminata dal D.L. n. 135/2009. Il legislatore, tuttavia, non si è limitato ad un intervento abrogativo, perché ha introdotto anche delle nuove norme attraverso l’articolo 16.
Innanzitutto, in tema di utilizzo dell’espressione “Made in Italy” od altre equivalenti, è stato stabilito che esso è consentito solo se il prodotto sia disegnato, progettato, lavorato e confezionato esclusivamente sul territorio italiano. Le violazioni sono sanzionate penalmente.
Questa norma è già entrata in vigore, anche se è comunque prevista la possibilità di emanazione di disposizioni applicative da parte dei Ministeri competenti.
Entreranno, invece, in vigore nella prima metà di novembre, le nuove norme dettate in tema di fallace indicazione di origine. E qui potrebbe ancora sorgere qualche problema.
Con l’aggiunta dei commi 49-bis e 49-ter all’art. 4 della legge n. 350/2003, è stata introdotta, infatti, una nebulosa nozione di fallace indicazione caratterizzata da un uso del marchio “con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana”. Non è chiaro quali possano essere in concreto queste modalità, con buona pace del principio di tassatività della fattispecie in ambito sanzionatorio. Tuttavia ogni inconveniente può essere evitato apponendo “indicazioni precise ed evidenti sull’origine o provenienza estera” o impegnandosi a attestare che ciò avverrà nella successiva fase di commercializzazione. Tutto questo a pena si sanzioni amministrative pecuniarie e confisca dei beni.
Ad avviso di chi scrive, questa parte del nuovo intervento legislativo ripropone talune delle perplessità già avanzate col nostro precedente intervento di fine luglio, sia ancora una volta per l’oscura formulazione della norma, sia per la compatibilità con la normativa del settore, anche comunitaria, già in vigore. Ad una prima lettura, infatti, il comma 49-bis sembrerebbe la riedizione, depenalizzata, di quanto previsto dall’abrogato art. 17. Inoltre, non è chiaro come esso si armonizzi col precedente comma 49, che sanziona penalmente l’uso fuorviante di marchi aziendali anche se accompagnato dall’indicazione dell’origine estera del prodotto (ipotesi che il comma 49-bis sembrerebbe invece fare salva).
C’è quindi ancora un po’ di confusione, ma il legislatore ha ancora qualche giorno per fare chiarezza. E’ auspicabile però che ciò avvenga una volta per tutte.
(testo a cura dell’ avv. Giuseppe Francesco Lovetere – giuseppe.lovetere@fisspa.it – e del dott. comm. Antonio Sgroi – antonio.sgroi@fisspa.it – dello Studio Associato Servizi Professionali Integrati di Milano)
Commenti
Inserisci un commento
Attenzione: Questo sito è uno spazio aperto a beneficio dei Doganalisti. Non sono ammessi commenti il cui contenuto è contrario alla decenza o alla legge e comunque, la responsabilità di tali commenti è di chi li scrive. Per garantire il diritto di tutti, l' indirizzo di protocollo Internet di chi scrive i commenti, sarà registrato ed archiviato secondo le modalità previste dal D. Lgs. n. 196/2003.